Ricerca sul dolore cronico

Lo zebrafish come modello animale per lo studio del dolore

Nonostante i grandi passi avanti compiuti nell’identificazione dei meccanismi molecolari coinvolti nella trasduzione degli stimoli nocivi, la comprensione dei processi implicati nella percezione del dolore rimane una sfida continua per i biologi. Fino a oggi per gli studi di nocicezione sono stati ampiamente utilizzati modelli animali (come ad esempio i topi), ma lo studio del dolore in questi organismi può essere piuttosto laborioso e costoso, e richiede tempo. Viceversa, l’uso d’insetti come la drosophila o di vermi come il caenorhabditis elegans può essere influenzato dalla grande distanza evolutiva tra questi organismi e gli esseri umani.

Fondazione ISAL, insieme ai ricercatori dello Sbarro Institute e dell’Università di Roma Tre, ha per ciò portato avanti una serie di ricerche sullo zebrafish pubblicate sulla prestigiosa rivista americana Journal of Cellular Physiology. Lo zebrafish è un piccolo pesce d’acqua dolce – conosciuto anche come danio rerio, danio zebrato o pesce zebra – che a livello molecolare reagisce agli stimoli del dolore in maniera molto simile ai mammiferi. In particolare, sembra che il dolore attivi lo stesso gruppo di geni sia nell’uomo che nel pesce zebra. Lo zebrafish pare dunque rappresentare un modello animale con un alto grado di somiglianza con la percezione e la risposta al dolore dell’uomo, e per questo in grado di offrire nuovi strumenti tecnici e teorici per condurre le future ricerche. Gli studiosi stanno ora creando dei pesci zebra transgenici, che diventano fluorescenti in risposta agli stimoli dolorosi e che potranno essere utilizzati in studi in vivo. Questo, secondo il dott. Gianfranco Bellipanni, Research Assistant Professor dello Sbarro Institute e co-autore delle ricerche, permetterà “di caratterizzare meglio i meccanismi cellulari e molecolari del dolore cronico”, benché l’obiettivo finale sia “utilizzarli per selezionare composti chimici con potenziale capacità analgesica” in modo da migliorare le attuali opzioni di terapia del dolore cronico.

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